lunedì 8 ottobre 2012

Di foglie un cadere fragile

Uff! Nonostante il caldo, siamo in autunno, e come ogni anno, da buona insegnante precaria, sono alle prese con una nuova scuola, nuovi alunni, nuovi colleghi, nuove regole da seguire...ecc
Sono ancora in fase di rodaggio, quindi mi scuso con tutti e con me stessa, se sto trascurando il mio piccolo adorato blog!
E a proposito di autunno, l'illustrazione che vi presento, è intitolata "Di foglie un cadere fragile".
No, non é soltanto la citazione di un verso della poesia Novembre, di Giovanni Pascoli.
E' l'illustrazione autunnale, che ho realizzato per partecipare alla selezione di Illustrati di Novembre.
Ultimamente le mie illustrazioni sono più colorate, credo di aver trovato il giusto equilibrio fra i colori, finalmente, sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro e comunque questa tecnica mi è congeniale.





Il soggetto dell'illustrazione non è nuovo per me, perchè lo stesso albero lo avevo disegnato qualche anno fa nel polittico su sei tele, che ho regalato alla mia amica Milena per il suo matrimonio. 
 



In questo caso l'albero però non è una semplice rappresentazione dell'autunno,  perchè sta a simboleggiare una famiglia, una sorta di albero genealogico, i cui rami si intrecciano ai rami di altri alberi, di altre famiglie quindi, l'unione, il matrimonio.


  


 
  

  


Nella prima tela,  c'è una bambina al mare, perché é lì che io e Milena ci siamo conosciute, e poi una sirena, una donna ormai adulta, che al posto della coda ha un abito da sposa.


 


 


Ed infine una finestra che si affaccia sul mare, affinche anche a Milano dove la mia cara amica abita, possa vedere un pezzetto del suo mare.


venerdì 21 settembre 2012

Piccoli ometti crescono

Oggi non parlerò di illustrazione, né di cucito, né di riciclo creativo...oggi parleró di scuola...e di maestre...
Qualche mese fa ho scritto e disegnato della mia maestra di scuola elementare, ma questa volta mi fa piacere parlare della maestra di Juri.
In realtà la conosco appena, visto che il mio piccolo ometto biondo, si é affacciato da pochi giorni al mondo della scuola per l'infanzia pubblica, dopo due riuscitissimi anni di nido privato.
Questa giovane maestra, però mi é stata simpatica subito, dolce e autorevole al tempo stesso.
Il primo giorno di scuola ha donato a tutti i bimbi un palloncino e a tutti i genitori un foglio arrotolato e legato con un pezzo di nastrino colorato.
Dentro c'era un augurio per l'inizio di questa esperienza, ma anche un augurio per la vita.



TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE
Di Robert Fulghum

La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l’ ho imparata all’asilo. La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell’infanzia. Queste sono le cose che ho appreso:
Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa, pensare un po’ e disegnare, dipingere, cantare, ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono, la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché, ma tutti noi siamo così. I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e persino il seme nel suo recipiente: tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte: GUARDARE.Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree, l’amore, l’igiene alimentare, l’ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti , l’intera umanità prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l’ hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondo è meglio tenersi per mano e rimanere uniti.

Non so se tutte le maestre abbiano questi pensieri carini, comunque é bello iniziare un percorso scolastico con queste premesse.

sabato 15 settembre 2012

La giostra di Cesenatico

Rieccomi qui!!
Diciamo che quest'estate me la sono presa comoda! Ho cercato di disontossicarmi un po' dalla tenologia e di non pensare a niente!! 
Però qualche illustrazioncina l'ho fatta...
Ieri c'è stata l'inaugurazione della mostra di illustrazione "Il mio classico", presso la libreria La Librellula di Gioia del Colle (Ba).
Si tratta di una mostra concorso i cui partecipanti sono stati scelti da una giuria composta da tre grandi illustratori: Antonio Boffa, Gianluca Garofalo e Pia Valentinis.
La mia illustrazione è stata selezionata!
Nel bando era richiesta la realizzazione di un'illustrazione ispirata a un classico della letteratura, io ho deciso di illustrare il racconto di Gianni Rodari intitolato "La giostra di Cesenatico" tratto da "Favole al telefono".


La giostra di Cesenatico

Una volta a Cesenatico, in riva al mare, capitò una giostra. Aveva in tutto sei cavalli di legno e sei jeep rosse, un po’ stinte, per i bambini di gusti più moderni. L’ometto che la spingeva a forza di braccia era piccolo, magro, scuro, e aveva la faccia di uno che mangia un giorno sì e due no. Insomma, non era certo una gran giostra, ma ai bambini doveva parere fatta di cioccolato, perchè le stavano sempre intorno in ammirazione e facevano capricci per salirvi.
“Cos’avrà questa giostra, il miele?” si dicevano le mamme. E proponevano ai bambini: “Andiamo a vedere i delfini nel canale, andiamo a sederci in quel caffè coi divanetti a dondolo”.
Niente: i bambini volevano la giostra.
Una sera un vecchio signore, dopo aver messo il nipote in una jeep, salì lui pure sulla giostra e montò in sella a un cavalluccio di legno. Ci stava scomodo, perchè aveva le gambe lunghe e i piedi gli toccavano terra, rideva. Ma appena l’ometto cominciò a far girare la giostra, che meraviglia: il vecchio signore si trovò in un attimo all’altezza del grattacielo di Cesenatico, e il suo cavalluccio galoppava nell’aria, puntando dritto il muso verso le nuvole. Guardò giù e vide tutta la Romagna, e poi tutta l’Italia, e poi la terra intera che si allontanava sotto gli zocccoli del cavalluccio e ben presto fu anche lei una piccola giostra azzurra che girava, girava, mostrando uno dopo l’altro i continenti e gli oceani, disegnati come su una carta geografica.
“Dove andremo?”, si domanda il vecchio signore. In quel momento gli passò davanti il nipotino, al volante della vecchia jeep rossa un po’ stinta, trasformata in un veicolo spaziale. E dietro a lui, in fila, tutti gli altri bambini, tranquilli e sicuri sulla loro orbita come tanti satelliti aritificiali.
L’omino della giostra chissà dov’era, ormai; però si sentiva ancora il disco che suonava un brutto cha-cha-cha: ogni giro di giostra durava un disco intero.
“Allora il trucco c’era”, si disse il vecchio signore.
“Quell’ometto dev’essere uno stregone”.
E pensò anche: “Se nel tempo di un disco faremo un giro intero della terra, batteremo il record di Gagarin”.
Ora la carovana spaziale sorvola l’Oceano Pacifico con tutte le sue isolette, l’Australia coi canguri che spiccavano salti, il Polo Sud, dove milioni di pinguini stavano con naso per aria. Ma non ci fu il tempo di contarli: al loro posto già gli indiani d’America facevano segnali col fumo, ed ecco i grattacieli di Nuova York, ed ecco un solo grattacielo, ed era quello di Cesenatico. Il disco era finito. Il vecchio signore si guardò intorno, stupito: era di nuovo sulla vecchia, pacifica giostra in riva all’Adriatico, l’ometto scuro e magro la stava frenando dolcemente, senza scosse.
Il vecchio signore scese traballando.
“Senta, lei”, disse all’ometto. Ma quello non aveva tempo di dargli retta, altri bambini avevano occupato i cavalli e le jeep, la giostra ripartiva per un altro giro del mondo.
“Dica”, ripeté il vecchio signore, un po’ stizzito.
L’ometto non lo guardò nemmeno. Spingeva la giostra, si vedevano passare in tondo le facce allegre dei bambini che cercavano quelle dei loro genitori, ferme in cerchio, tutte con un sorriso d’incoraggiamento sulle labbra.
Uno stregone quell’ometto da due soldi? Una giostra magica quella buffa macchina traballante al suono di un brutto cha-cha-cha.
“Via”, concluse il vecchio, “è meglio che non ne parli a nessuno. Forse riderebbero alle mie spalle e mi direbbero: Non sa che alla sua età è pericoloso andare in giostra, perchè vengono le vertigini?”

Gianni Rodari

Ecco la mia illustrazione, è realizzata a penna e collage.



Per il personaggio del nonno, ho utilizzato come modello, Rudy, mio padre, il nonno che tutti i bambini vorrebbero, buonissimo e giocherellone, fin troppo a volte!





sabato 28 luglio 2012

SuperMat

Super Mat é il mini-me del bimbo della mia amica Francesca. Un bimbo nato prematuro.
In una delle sue foto era in un'incubatrice, mentre faceva la fototerapia per l'ittero. Sembrava un piccolo supereroe mascherato.
E così che ho deciso di cucire questo pupazzo per lui. 
Visto che l'ormai duenne SuperMat vive a Parigi, il mio pupazzo è giunto a destinazione grazie alle Poste Italiane. Insieme a un quadretto che lo ritraeva in azione!


  

Quando SuperMat è giunto a destinazione ho ricevuto questa mail:  

Estratto da "Il Parigino" del 4 Maggio 2010

In data odierna un pacco dall'aria sospetta è stato recapitato alla dimora del noto super eroe supermaT.
Il plico conteneva un perfetto sosia dell'eroe, una sua foto in piena azione ed alcuni indumenti.
Roba da film di Amelie Poulan...
Dopo una prima analisi, SupermaT ha individuato il mittente, tali Amelia e Juri.
In tarda mattinata, molti passanti sostengono di aver visto SupermaT sorvolare in lungo ed in largo il cielo di Bari, alla ricerca dei suddetti Amelia e Juri.
Non avendoli trovati, il nostro eroe è tornato stremato a casa dove si è concesso un lungo pasto ed un buon riposino.
Ha così deciso di affidare al nostro giornale un messaggio per Amelia e Juri:
"GRAZIE AMICI, E' IL PIU' BEL REGALO CHE ABBIA MAI RICEVUTO, SONO COMMOSSO; VI VOGLIO BENE. A PRESTO!!!
SUPERMAT"


Con questo post partecipo al Linky Party by Topogina. 


Ps. Approfitto di questo post per fare gli auguri a SuperMat che da qualche giorno é diventato il fratello maggiore di Marié! Ora mi toccherà fare un'altra mini-me!

giovedì 26 luglio 2012

Il mio abito da sposa. Ovvero come sposarsi in scarpe da ginnastica

Ma che razza di titolo é? Ma non era un blog di illustrazione? Piuttosto sembra un minestrone!
Lo so avete ragione, ma questa storia del blog é troppo divertente, e alla fine, anche se non troppo assiduamente, ci ho preso gusto a condividere pensieri ed esperienze, e a ritrovarmi nelle storie di altri che come me hanno deciso di entrare in questo mondo parallelo che é quello dei blog.
Dunque, il mio abito da sposa...perché?

1) perché oggi é il mio quarto anniversario di matrimonio (anzi avantieri, visto che il post é pubblicato con due giorno di ritardo!).
2) perché partecipo al contest di madre creativa


3) perché modestia a parte, il mio abito da sposa, ma soprattutto le mie scarpe, erano davveroooo speciali e cosa non sottovalutabile, comodi!

Allora inizio a raccontare. Premetto che ho sempre avuto un look molto sportivo, e che da quando, da ragazzina ho visto il remake del "padre della sposa", ho sempre sostenuto che mi sarei sposata in scarpe da ginnastica... Tutti pensavano che non l'avrei mai fatto (sposarmi, e per giunta in scarpe da ginnastica) e invece...coerente come non mai, ho mantenuto la parola!!
Un paio di anni prima (o forse qualcosina in piú) del mio matrimonio, quando ancora non se ne parlava seriamente (ma l'idea era nell'aria visto che eravamo fidanzati, da più di dieci anni...e attualmente sono 18 anni che stiamo insieme!!) passeggiando per le strade della mia città mi sono imbattuta in queste scarpe!! Eccole, avevo trovato le scarpe da sposa dei miei sogni!!! Non vi dico quando sono tornata a casa con queste adidas in seta shantung, e ho annunciato di aver acquistato le scarpe da sposa! Mi hanno deriso tutti!!
Ahahaha (risata malefica)! Poveri illusi, non sapevano che le avrei indossate davvero!
Il secondo pass, era trovare un abito che si abbinasse alle mie bellissime scarpe!
Anche in questo caso, l'acquisto é stato fatto due anni prima del matrimonio, quando non c'era in programma ancora nessun matrimonio!!
L'ho avvistato per caso, in una vetrina, ho esclamato "é lui", e spinta dalla mia cognatina, sono entrata nel negozio, l'ho provato e l'ho acquistato, il primo e unico abito da sposa indossato in vita mia!
No, non sono miliardaria, e non sono nemmeno pazza ( sulla seconda affermazione ho qualche dubbio anch'io), in realtà, il suddetto vestito, era un abito da sera color avorio, un trapezio di stoffa, cinto da un nastro sotto il seno, semplicissimo e senza nessun fronzolo, e pertanto costava quanto un abito da sera. Però era l'abito che avevo sempre immaginato per le mie nozze.
Comunque il vestito l'ho comprato prematuramente, anche per tirarmi su, per sperare in qualcosa di bello per il futuro, visto che stavo attraversando il momento più difficile della mia vita.

Eccolo qui!


Ora vado un po' fuori tema e vi racconto qualcosina riguardo all'organizzazione del fatidico evento, in cui ho sfoggiato le mie doti artistiche.
Per l'invito ho creato cartoncino piegato ad origami, che si trasformava in una busta, chiuso con il sigillo di ceralacca con le nostre iniziali. All'interno oltre alla solita pappardella (che poi non era così solita: Annunciazione! Annunciazione! Lo sposalizio di Amelia e Paolo!), ovviamente non potevano mancare le mie illustrazioni!


Ho realizzato gli sposini per la torta con il cernit, due nostre miniature!


E con Paolo abbiamo creato la nosta bomboniera personalizzata, una tazza con un disegno fatto a due mani che rappresentava una sintesi di alcuni momenti della nostra storia!


Abbiamo festeggiato in una masseria molto rustica, e per il Bouquet volevo qualcosa di semplice e originale che si accordasse al mio abito e al contesto, per fortuna, la mia amica fioraia, Mariangela, che mi conosce bene, ha creato il bouquet fatto apposta per me, con roselline, peperoncini e circondato da foglie di verza e spago!



I centrotavola invece erano fatti con carote, fiori e rafia!



Sarò banale, ma nonostante io non sia propriamente una patita per i matrimoni, quel giorno é stato bellissimissimo, pieno di amore, e di divertimento!
Ah! le scarpe le ho usate in seguito, le uso ancora, sono un po' meno bianche, ma saranno sempre le mie scarpe da sposa!!

mercoledì 18 luglio 2012

Ipazia



...Entrai a Ipazia un mattino, un giardino di magnolie si specchiava su lagune azzurre, io andavo tra le siepi sicuro di scoprire belle e giovani dame fare il bagno: ma in fondo all’acqua i granchi mordevano gli occhi delle suicide con la pietra legata al collo e i capelli verdi d’alghe. Mi sentii defraudato e volli chiedere giustizia al sultano. Salii le scale di porfido del palazzo dalle cupole più alte, attraversai sei cortili di maiolica con zampilli. La sala nel mezzo era sbarrata da inferriate: i forzati con nere catene al piede issavano rocce di basalto da una cava che s’apre sottoterra. Non mi restava che interrogare i filosofi. Entrai nella grande biblioteca, mi persi tra scaffali che crollavano sotto le rilegature in pergamena, seguii l’ordine alfabetico d’alfabeti scomparsi, su e giù per corridoi, scalette e ponti. Nel più remoto gabinetto dei papiri, in una nuvola di fumo , mi apparvero gli occhi inebetiti d’un adolescente sdraiato su una stuoia, che non staccava le labbra da una pipa d’oppio. -Dov’è il sapiente?- Il fumatore indicò fuori dalla finestra. Era un giardino con giochi infantili: i birilli, l’altalena, la trottola. Il filosofo sedeva sul prato. Disse: - i segni formano una lingua, ma non quella che credi di conoscere -. Capii che dovevo liberarmi dalle immagini che fin qui m’avevano annunciato le cose che cercavo: solo allora sarei riuscito ad intendere il linguaggio di Ipazia. Ora basta che senta nitrire i cavalli e schiocchiate le fruste e già mi prende una trepidazione amorosa: a Ipazia devi entrare nelle scuderie e nei maneggi per vedere le belle donne che montano in sella con le cosce nude e i gambali sui polpacci, e appena s’avvicina un giovane straniero lo rovesciano su mucchi di fieno o di segatura e lo premono con i saldi capezzoli. E quando il mio animo non chiedo altro alimento e stimolo che la musica, so che va cercata nei cimiteri: i suonatori si nascondono nelle tombe; da una fossa all’altra si rispondo trilli di flauti, accordi d’arpe. Certo anche a Ipazia verrà il giorno in cui il solo mio desiderio sarà partire. So che non dovrò scender al porto, ma salire sul pinnacolo più alto della rocca ed aspettare che una nave passi lassù. Ma passerà mai? Non c’è linguaggio senza inganno. 

Tratto da "Le città invisibili". Italo Calvino

mercoledì 11 luglio 2012

Cara maestra

Le scuole elementari e medie le ho frequentate in un istituto privato, femminile, gestito da suore...forse é anche per questo che non metto più piede in una chiesa...
Effettivamente non ho proprio un bel ricordo di questa esperienza, forse perché ero una bambina molto timida e insicura, forse perché molte delle mie compagne di classe erano molto più figlie di papà di me, ed io non mi sono mai sentita accettata da loro, forse perchè non sono mai stata un'alunna modello e ho sempre preferito disegnare ed avere la testa tra le nuvole, invece di ascoltare le lezioni e fare i compiti...(e adesso rimprovero i miei alunni! ah ah ah! da che pulpito viene la predica!)
Però la mia maestra la ricordo bene. 
La mia maestra non era una suora, per fortuna. La mia maestra era giovane. La mia maestra era bella. La mia maestra era piena di entusiasmo. La mia maestra a carnevale si vestiva da fatina...ed era una fatina. 
La mia maestra é ancora giovane, l'ho rivista qualche tempo fa ad una rimpatriata...era strano, noi ex alunne ormai adulte, con i figli...e lei, uguale ad allora...bah...di solito accade il contrario, forse la mia maestra é davvero una fatina!!





Con questa illustrazione ho partecipato alla selezione di illustrati di settembre.
É incompiuta, ci sono un po' di cose che non mi piacciono, ma adesso sono in vacanza e non ci voglio pensare!!!