venerdì 21 settembre 2012

Piccoli ometti crescono

Oggi non parlerò di illustrazione, né di cucito, né di riciclo creativo...oggi parleró di scuola...e di maestre...
Qualche mese fa ho scritto e disegnato della mia maestra di scuola elementare, ma questa volta mi fa piacere parlare della maestra di Juri.
In realtà la conosco appena, visto che il mio piccolo ometto biondo, si é affacciato da pochi giorni al mondo della scuola per l'infanzia pubblica, dopo due riuscitissimi anni di nido privato.
Questa giovane maestra, però mi é stata simpatica subito, dolce e autorevole al tempo stesso.
Il primo giorno di scuola ha donato a tutti i bimbi un palloncino e a tutti i genitori un foglio arrotolato e legato con un pezzo di nastrino colorato.
Dentro c'era un augurio per l'inizio di questa esperienza, ma anche un augurio per la vita.



TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE
Di Robert Fulghum

La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l’ ho imparata all’asilo. La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell’infanzia. Queste sono le cose che ho appreso:
Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa, pensare un po’ e disegnare, dipingere, cantare, ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono, la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché, ma tutti noi siamo così. I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e persino il seme nel suo recipiente: tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte: GUARDARE.Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree, l’amore, l’igiene alimentare, l’ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti , l’intera umanità prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l’ hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondo è meglio tenersi per mano e rimanere uniti.

Non so se tutte le maestre abbiano questi pensieri carini, comunque é bello iniziare un percorso scolastico con queste premesse.

sabato 15 settembre 2012

La giostra di Cesenatico

Rieccomi qui!!
Diciamo che quest'estate me la sono presa comoda! Ho cercato di disontossicarmi un po' dalla tenologia e di non pensare a niente!! 
Però qualche illustrazioncina l'ho fatta...
Ieri c'è stata l'inaugurazione della mostra di illustrazione "Il mio classico", presso la libreria La Librellula di Gioia del Colle (Ba).
Si tratta di una mostra concorso i cui partecipanti sono stati scelti da una giuria composta da tre grandi illustratori: Antonio Boffa, Gianluca Garofalo e Pia Valentinis.
La mia illustrazione è stata selezionata!
Nel bando era richiesta la realizzazione di un'illustrazione ispirata a un classico della letteratura, io ho deciso di illustrare il racconto di Gianni Rodari intitolato "La giostra di Cesenatico" tratto da "Favole al telefono".


La giostra di Cesenatico

Una volta a Cesenatico, in riva al mare, capitò una giostra. Aveva in tutto sei cavalli di legno e sei jeep rosse, un po’ stinte, per i bambini di gusti più moderni. L’ometto che la spingeva a forza di braccia era piccolo, magro, scuro, e aveva la faccia di uno che mangia un giorno sì e due no. Insomma, non era certo una gran giostra, ma ai bambini doveva parere fatta di cioccolato, perchè le stavano sempre intorno in ammirazione e facevano capricci per salirvi.
“Cos’avrà questa giostra, il miele?” si dicevano le mamme. E proponevano ai bambini: “Andiamo a vedere i delfini nel canale, andiamo a sederci in quel caffè coi divanetti a dondolo”.
Niente: i bambini volevano la giostra.
Una sera un vecchio signore, dopo aver messo il nipote in una jeep, salì lui pure sulla giostra e montò in sella a un cavalluccio di legno. Ci stava scomodo, perchè aveva le gambe lunghe e i piedi gli toccavano terra, rideva. Ma appena l’ometto cominciò a far girare la giostra, che meraviglia: il vecchio signore si trovò in un attimo all’altezza del grattacielo di Cesenatico, e il suo cavalluccio galoppava nell’aria, puntando dritto il muso verso le nuvole. Guardò giù e vide tutta la Romagna, e poi tutta l’Italia, e poi la terra intera che si allontanava sotto gli zocccoli del cavalluccio e ben presto fu anche lei una piccola giostra azzurra che girava, girava, mostrando uno dopo l’altro i continenti e gli oceani, disegnati come su una carta geografica.
“Dove andremo?”, si domanda il vecchio signore. In quel momento gli passò davanti il nipotino, al volante della vecchia jeep rossa un po’ stinta, trasformata in un veicolo spaziale. E dietro a lui, in fila, tutti gli altri bambini, tranquilli e sicuri sulla loro orbita come tanti satelliti aritificiali.
L’omino della giostra chissà dov’era, ormai; però si sentiva ancora il disco che suonava un brutto cha-cha-cha: ogni giro di giostra durava un disco intero.
“Allora il trucco c’era”, si disse il vecchio signore.
“Quell’ometto dev’essere uno stregone”.
E pensò anche: “Se nel tempo di un disco faremo un giro intero della terra, batteremo il record di Gagarin”.
Ora la carovana spaziale sorvola l’Oceano Pacifico con tutte le sue isolette, l’Australia coi canguri che spiccavano salti, il Polo Sud, dove milioni di pinguini stavano con naso per aria. Ma non ci fu il tempo di contarli: al loro posto già gli indiani d’America facevano segnali col fumo, ed ecco i grattacieli di Nuova York, ed ecco un solo grattacielo, ed era quello di Cesenatico. Il disco era finito. Il vecchio signore si guardò intorno, stupito: era di nuovo sulla vecchia, pacifica giostra in riva all’Adriatico, l’ometto scuro e magro la stava frenando dolcemente, senza scosse.
Il vecchio signore scese traballando.
“Senta, lei”, disse all’ometto. Ma quello non aveva tempo di dargli retta, altri bambini avevano occupato i cavalli e le jeep, la giostra ripartiva per un altro giro del mondo.
“Dica”, ripeté il vecchio signore, un po’ stizzito.
L’ometto non lo guardò nemmeno. Spingeva la giostra, si vedevano passare in tondo le facce allegre dei bambini che cercavano quelle dei loro genitori, ferme in cerchio, tutte con un sorriso d’incoraggiamento sulle labbra.
Uno stregone quell’ometto da due soldi? Una giostra magica quella buffa macchina traballante al suono di un brutto cha-cha-cha.
“Via”, concluse il vecchio, “è meglio che non ne parli a nessuno. Forse riderebbero alle mie spalle e mi direbbero: Non sa che alla sua età è pericoloso andare in giostra, perchè vengono le vertigini?”

Gianni Rodari

Ecco la mia illustrazione, è realizzata a penna e collage.



Per il personaggio del nonno, ho utilizzato come modello, Rudy, mio padre, il nonno che tutti i bambini vorrebbero, buonissimo e giocherellone, fin troppo a volte!